Principi di digestione anaerobica

La degradazione biologica anaerobica della sostanza organica è un processo complesso, che si sviluppa secondo una successione temporale di fasi distinte, in base alla quale i prodotti delle reazioni della generica fase j-1-esima vanno a costituire i substrati della fase j-esima. Via via che si passa dalla prima all’ultima fase, la sostanza organica assume dimensioni sempre più minute ed una struttura molecolare sempre meno complessa, fino ad arrivare ai prodotti ultimi della trasformazione, soprattutto costituiti, relativamente alla frazione gassosa, da metano ed anidride carbonica. Nello specifico, è prassi usuale considerare, schematicamente, che il processo di digestione anaerobica si articoli nelle 5 fasi di disintegrazione, idrolisi, acidogenesi, acetogenesi e metanogenesi, ciascuna attuata da specifici ceppi microbici (Figura 1).

Figura 1 - Diagramma di flusso del processo di Digestione Anaerobica

 

Durante la disintegrazione, le grosse e complesse molecole organiche del substrato iniziale subiscono una prima semplificazione in molecole meno voluminose e più semplici, costituite da tre categorie di composti ulteriormente degradabili (carboidrati, proteine e lipidi), nonché dagli inerti, che rappresentano, invece, l’aliquota non ulteriormente soggetta all’azione biologica e che va a formare, quindi, insieme ai residui delle fasi successive, la frazione solida del digestato. A riguardo, vale la pena segnalare che: i carboidrati sono i principali componenti dei rifiuti organici di origine agro-industriale ed alimentare, ivi compresa la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) proveniente dalle utenze domestiche e dai mercati; i lipidi sono i costituenti dei grassi, liquidi (oli) e solidi, soprattutto contenuti nei rifiuti alimentari e in alcune acque reflue da attività produttive, quali quelle dei macelli, delle latterie e dei caseifici; la presenza di proteine comporta elevati tenori di composti azotati ed è tipica di rifiuti di stabilimenti per la trasformazione di carne e pesce, di macelli e di aziende agricole (liquami e letame zootecnico).
Nella fase di idrolisi, grazie all’azione di enzimi extra-cellulari rilasciati dai microrganismi, le molecole organiche di carboidrati, proteine e lipidi subiscono un’ulteriore semplificazione, per effetto della quale si generano monosaccaridi, amminoacidi e acidi grassi a catena lunga.
Nel corso della fase di acidogenesi, i monosaccaridi e gli amminoacidi sono, a loro volta, in gran parte trasformati in acidi grassi a catena corta (acido valerico, propionico, butirrico, etc.), ma anche, unitamente agli acidi grassi a catena lunga, in acido acetico ed idrogeno.
La successiva fase di acetogenesi comporta la conversione in acido acetico ed idrogeno anche degli acidi grassi a catena corta, che quindi, nell’ultima fase di metanogenesi, ad opera di microrganismi metanigeni, sono principalmente trasformati in metano ed anidride carbonica. Questi ultimi due composti rappresentano, dunque, i principali cataboliti gassosi dell’intera trasformazione anaerobica, unitamente, tra gli altri, a H2O, H2S e NH3, presenti, però, in tenori di gran lunga inferiori.
Il buon esito della digestione anaerobica è fortemente influenzato dalle condizioni ambientali vigenti nei bacini ove vengono operate le trasformazioni, in particolare per quanto riguarda il pH, che deve essere possibilmente mantenuto nell’intervallo 6-8 e, soprattutto, non deve subire brusche variazioni. Diversamente, infatti, i rendimenti della digestione anaerobica possono risultare molto deludenti in termini sia di biogas prodotto che di sostanza organica stabilizzata. Evidentemente, il mantenimento di soddisfacenti condizioni di pH non è semplicemente ottenibile, in virtù della continua produzione di acidi che si osserva durante le prime fasi del processo ed il loro successivo consumo nella fase di metanogenesi, durante la quale, per di più, ha luogo anche la produzione di ammoniaca. Tali difficoltà sono anche da ricondurre alla circostanza che le famiglie microbiche responsabili della produzione di acidi organici operano, di norma, con tassi di degradazione superiori rispetto a quelli dei metanigeni, peraltro più sensibili ai suddetti effetti dei valori del pH.
Le prestazioni del processo di digestione anaerobica possono essere migliorate sottoponendo il substrato a preventivi trattamenti di tipo fisico, chimico o termico, tra i quali si citano l’esposizione ad elevate temperature, l’azione degli ultrasuoni e dei raggi ultravioletti, la riduzione per via meccanica delle dimensioni delle particelle solide, l’idrolisi alcalina, la degradazione enzimatica. La finalità di tutti i sistemi citati è quella di migliorare le caratteristiche di biodegradabilità del substrato, semplificandone la struttura fisica e molecolare e facilitando la loro solubilizzazione, in modo da accelerare la fase di idrolisi, che limita, usualmente, la velocità globale dell’intero processo di digestione anaerobica. Ovviamente, tali pretrattamenti incidono sul costo complessivo del processo, per cui l’opportunità della loro effettiva necessità va verificata conducendo un’attenta analisi economica.

 

Video della digestione anaerobica